Un metodo di sterilizzazione fisica che rimuove i microrganismi da liquidi e gas facendoli passare attraverso un filtro con una dimensione dei pori sufficientemente piccola da trattenere i microbi. Una dimensione dei pori comune per la filtrazione sterilizzante è di 0,22 micrometri (µm), che rimuove efficacemente la maggior parte dei batteri. Questa tecnica non uccide i microrganismi ma li separa fisicamente, rendendola ideale per soluzioni termolabili.
La filtrazione sterile è una sterilizzazione unica metodo perché non inattiva o uccide i microrganismi, ma li rimuove fisicamente da un fluido (liquido o gas). Il processo si basa su un filtro a membrana, un sottile strato di materiale semipermeabile progettato con una specifica distribuzione dei pori. Per la sterilizzazione, in genere si utilizza un filtro con una porosità nominale di 0,22 micrometri (µm) o inferiore. Questa dimensione viene scelta in base alle dimensioni dei più piccoli batteri a vita libera conosciuti, come Brevundimonas diminuta, che viene spesso utilizzato come organismo di sfida per la validazione dei filtri di grado sterilizzante. Quando il fluido viene forzato attraverso il filtro mediante pressione positiva o vuoto, i pori consentono il passaggio delle molecole di fluido, ma sono sufficientemente piccoli da intrappolare batteri e altri microrganismi sulla superficie del filtro. Il meccanismo principale di ritenzione è l'esclusione dimensionale, ma anche altri effetti come l'attrazione elettrostatica e l'intercettazione del percorso tortuoso possono contribuire alla cattura. Questo metodo è indispensabile per le soluzioni contenenti componenti termolabili, come proteine, enzimi, vaccini e alcuni antibiotici, che verrebbero denaturati o distrutti da metodi basati sul calore come l'autoclave. È considerata una tecnica di sterilizzazione non distruttiva. Tuttavia, presenta delle limitazioni. Non è in grado di rimuovere tutti i virus, poiché molti sono più piccoli di 0,22 µm, né di rimuovere le endotossine o i pirogeni disciolti. Il processo deve inoltre essere condotto in condizioni asettiche per evitare la ricontaminazione del fluido filtrato a valle del filtro.
La storia della filtrazione per la rimozione dei microbi risale alla fine del XIX secolo. Nel 1884, Charles Chamberland, collaboratore di Louis Pasteur, sviluppò il filtro Chamberland in porcellana non smaltata. Questo dispositivo fu fondamentale per la virologia degli albori; fu utilizzato da Dmitri Ivanovsky nel 1892 e da Martinus Beijerinck nel 1898 per dimostrare che l'agente che causava la malattia del mosaico del tabacco era più piccolo di qualsiasi batterio conosciuto, in quanto poteva passare attraverso il filtro. Essi chiamarono questa nuova classe di agenti infettivi "virus filtrabili". I primi filtri erano efficaci ma lenti e fragili. La tecnologia si è evoluta in modo significativo nel corso del XX secolo con lo sviluppo di moderni filtri a membrana realizzati con materiali come gli esteri di cellulosa, il nylon e il polisulfone. Questi nuovi materiali hanno permesso di creare filtri con dimensioni dei pori altamente controllate, maggiore durata e velocità di flusso più elevate, rendendo la filtrazione sterile un processo affidabile e scalabile per le industrie farmaceutiche, biotecnologiche, alimentari e delle bevande.